Il giovane italiano di Gli uomini, che mascalzoni... (1932), il simpatico maresciallo della serie dei Pane, amore (1953-1958), l’eroe per caso del Generale Della Rovere (1959) o il conte decaduto di Dracula cerca sangue di vergine... e morì di sete!!! (1974): sono solo alcuni dei moltissimi personaggi interpretati da Vittorio De Sica nella sua lunga e fortunata carriera d’attore. Ricostruire le fasi di questa carriera significa attraversare cinquant’anni di storia del cinema italiano, seguirne i mutamenti interni più significativi, leggendoli in parallelo con l’evoluzione di uno stile di recitazione che si è mosso tra la tradizione teatrale italiana e l’innovazione delle teorie novecentesche dell’attore, tra lo spettacolo di rivista e quello cinematografico, tra la recitazione e l’impegno nella regia. Significa anche, però, fare un viaggio nella storia culturale italiana, e ripensare alla rappresentazione di un carattere nazionale con il quale è difficile, ancora oggi, fare i conti.
E’ comodo definirsi scrittori da parte di chi non ha arte né parte. I letterati, che non siano poeti, cioè scrittori stringati, si dividono in narratori e saggisti. E’ facile scrivere “C’era una volta….” e parlare di cazzate con nomi di fantasia. In questo modo il successo è assicurato e non hai rompiballe che si sentono diffamati e che ti querelano e che, spesso, sono gli stessi che ti condannano. Meno facile è essere saggisti e scrivere “C’è adesso….” e parlare di cose reali con nomi e cognomi. Impossibile poi è essere saggisti e scrivere delle malefatte dei magistrati e del Potere in generale, che per logica ti perseguitano per farti cessare di scrivere. Devastante è farlo senza essere di sinistra. Quando si parla di veri scrittori ci si ricordi di Dante Alighieri e della fine che fece il primo saggista mondiale. Le vittime, vere o presunte, di soprusi, parlano solo di loro, inascoltati, pretendendo aiuto. Io da vittima non racconto di me e delle mie traversie. Ascoltato e seguito, parlo degli altri, vittime o carnefici, che l’aiuto cercato non lo concederanno mai. “Chi non conosce la verità è uno sciocco, ma chi, conoscendola, la chiama bugia,...
E’ comodo definirsi scrittori da parte di chi non ha arte né parte. I letterati, che non siano poeti, cioè scrittori stringati, si dividono in narratori e saggisti. E’ facile scrivere “C’era una volta….” e parlare di cazzate con nomi di fantasia. In questo modo il successo è assicurato e non hai rompiballe che si sentono diffamati e che ti querelano e che, spesso, sono gli stessi che ti condannano. Meno facile è essere saggisti e scrivere “C’è adesso….” e parlare di cose reali con nomi e cognomi. Impossibile poi è essere saggisti e scrivere delle malefatte dei magistrati e del Potere in generale, che per logica ti perseguitano per farti cessare di scrivere. Devastante è farlo senza essere di sinistra.
E’ comodo definirsi scrittori da parte di chi non ha arte né parte. I letterati, che non siano poeti, cioè scrittori stringati, si dividono in narratori e saggisti. E’ facile scrivere “C’era una volta….” e parlare di cazzate con nomi di fantasia. In questo modo il successo è assicurato e non hai rompiballe che si sentono diffamati e che ti querelano e che, spesso, sono gli stessi che ti condannano. Meno facile è essere saggisti e scrivere “C’è adesso….” e parlare di cose reali con nomi e cognomi. Impossibile poi è essere saggisti e scrivere delle malefatte dei magistrati e del Potere in generale, che per logica ti perseguitano per farti cessare di scrivere. Devastante è farlo senza essere di sinistra. Quando si parla di veri scrittori ci si ricordi di Dante Alighieri e della fine che fece il primo saggista mondiale. Le vittime, vere o presunte, di soprusi, parlano solo di loro, inascoltati, pretendendo aiuto. Io da vittima non racconto di me e delle mie traversie. Ascoltato e seguito, parlo degli altri, vittime o carnefici, che l’aiuto cercato non lo concederanno mai. “Chi non conosce la verità è uno sciocco, ma chi, conoscendola, la chiama bugia,...
«PDB è quell’erudito che riuniva molti saggi a parlar di personaggi nella casa di Bompian. Poi un dì come un rabbino strologò sugli Elohim insegnando anche ai goym cos’è il Vecchio Testament». «PDB a noi insegna il segreto nom di Dio; ah sapessi anco pur io tanto ebraico quanto lui! Quando legge le Scritture noi ci vien lo stranguglione, ché cotanta erudizione a noi dona il mal di mar». Umberto Eco Paolo De Benedetti, teologo e biblista, di lui hanno parlato Carlo Maria Martini, Amos Luzzato, Agnese Cini, Umberto Eco, Salvatore Natoli, Laura Novati e molti altri. In questo dialogo intimo e confidenziale fra biografia e teologia l’insigne studioso si racconta, e racconta anche un pezzo di storia della cultura italiana: il periodo con Valentino Bompiani e Umberto Eco nella Milano degli anni Sessanta, la stesura dell’Enciclopedia Europea in Garzanti… e poi ancora gli studi biblici e l’elaborazione della sua teologia, fino ad arrivare al dialogo interconfessionale. Ma questo libro è anche la straordinaria storia della famiglia De Benedetti (Paolo è cugino di Carlo De Benedetti) attraverso tutto il Novecento e le persecuzioni razziali, di cui la sorella Maria...
Il filo conduttore che lega i saggi raccolti in questo volume è l’analisi della diffusione del razzismo nell’Italia degli anni Trenta, ma anche dei vuoti di memoria dell’elaborazione italiana di questo momento decisivo della nostra storia, quando la cittadinanza è stata tolta ad una parte degli italiani e contro di loro si è attuata una persecuzione basata su criteri razziali e biologici. Le leggi del 1938 si inseriscono infatti in una cultura della razza che ha profonde radici nella cultura europea ed italiana, dalla seconda metà dell’Ottocento in avanti. Una cultura fondata sul razzismo biologico, sia pur mescolato a motivazioni «spirituali»: l’idea della supremazia della «razza bianca», l’ideologia coloniale, la misoginia, il darwinismo sociale, l’eugenetica. Una cultura che si fonda su un presupposto scientificamente falso, quello dell’esistenza delle razze. A fronte di questo, la difficoltà ad avere memoria delle leggi del 1938 - emerse all’attenzione degli storici solo nel 1988, in occasione del loro cinquantesimo anniversario - ha fatto sì che la narrazione della legislazione razzista e della sua applicazione manchi tuttora quasi interamente...
Una sconvolgente inchiesta sulla storia segreta della Banca Vaticana Traduzione di Mario Zucca, Giovanni Agnoloni e Giulio Lupieri Nove anni di indagini, interviste e ricerca di materiali per raccontare la storia finanziaria della Chiesa, piena di intrighi politici, complotti, dinamiche di potere, aneddoti di epoche diverse: dagli accordi segreti durante i conclavi alle ombre sull’alleanza del Vaticano con il Terzo Reich, dal mistero sulla morte di papa Luciani agli scandali connessi alla Banca Vaticana. Un insieme di eventi che nulla hanno a che vedere con la fede in Dio, bensì con l’abitudine dei suoi più alti rappresentanti sulla terra di accumulare ricchezze alle spalle della comunità religiosa e della società. Vescovi, cardinali, papi e gente senza scrupoli hanno avuto accesso ai tesori e ai conti bancari dell’organizzazione più influente della storia del mondo, disponendo a loro piacimento movimenti di denaro da un Paese all’altro. I banchieri di Dio ha tutti gli elementi per sembrare un thriller d’azione: tra i personaggi compaiono spietati manager aziendali, pubblici ministeri corrotti, investigatori privati che muoiono in circostanze sospette. E una serie...
La faziosità politica. Gli errori a raffica. Le interviste ruffiane. Le vendette tra colleghi. Lo schierarsi in campi contrapposti, divisi da un'ostilità profonda. Dopo cinquant'anni trascorsi nei giornali, lavorando in molte testate con incarichi diversi, Giampaolo Pansa fa di quel mondo un racconto all'arma bianca, implacabile, che non fa sconti a nessuno. Tra passato e presente, mette in scena una quantità di personaggi, tutti attori di una recita spesso ingannevole e deviata: l'informazione stampata e televisiva, di volta in volta commedia o tragedia.
«Il più bel libro di storia del 2009.»Corriere della Sera«Un breviario terrifi cante da tenere sul comodino.» Michele Serra«Il romanzo grottesco e insieme tragico del nostro paese.» Simonetta Fiori«Un manuale di riferimento per i cittadini ancora pensanti.» Goffredo Fofi«Deaglio è un grande narratore civile.» Corrado Augias«Come gli Annali di Tacito.» Adriano SofriPatria è già un classico.Edizione aggiornata al 2010.Ma davvero tutto questo è successo in Italia?E che cosa abbiamo fatto per meritarci tutto ciò? Leggere Patriaè un po’ come andare al cinema e rivedere trent’anni della nostravita. Con i buoni e i cattivi, la musica, le bandiere, un po’ di kiss kiss,molto bang bang, e tutti noi come protagonisti sullo schermo.La nostra storia come non l’avete mai letta.Enrico Deaglio (Torino 1947), medico, lavora da trent’anni nel mondo dei giornali, della televisionee dell’editoria. Nel 1996 ha dato vita al settimanale Diario che ha diretto fi no al 2008.Numerosi i suoi libri, tra cui La banalità del bene. Storia di Giorgio Perlasca (Feltrinelli, 1991).Con Beppe Cremagnani ha realizzato diversi fi lm-inchiesta, tra cui: Quando c’era Silvio...
Rappresentare con verità storica, anche scomoda ai potenti di turno, la realtà contemporanea, rapportandola al passato e proiettandola al futuro. Per non reiterare vecchi errori. Perché la massa dimentica o non conosce. Denuncio i difetti e caldeggio i pregi italici. Perché non abbiamo orgoglio e dignità per migliorarci e perché non sappiamo apprezzare, tutelare e promuovere quello che abbiamo ereditato dai nostri avi. Insomma, siamo bravi a farci del male e qualcuno deve pur essere diverso!
Quando, studente, non avevo nulla da dire, mi sarebbe piaciuto scrivere un libro. Quando avevo molto da dire non credevo all'utilità della scrittura, che avrebbe sottratto tempo alla lotta. Ora ho un'età che mi ributta indietro e conosco il piacere di ripercorrere con lo sguardo della memoria di volti ora nitidi, ora sbiaditi, come in un album fotografico che il tempo cancella inesorabilmente. Sono stato uomo di chiesa. Ho vestito il saio di Francesco d'Assisi. Mi accompagnavano linee diritte e precise, che spiegavano tutto. Son finito tra i cattivi delle lotte operaie. QUANDO non è un saggio, non è un memoriale e non ha altre ambizioni se non quella che, al l'ultima pagina, si abbia la certezza che questa lettura non è stata una perdita di tempo. Per me è il romanzo della mia vita così come l’ho vissuta, accompagnato da donne e uomini veri. Persone che hanno attraversato la mia vita in un lampo, altre nel tempo di stagioni ed altre ancora sono nel mio presente. E’ a questi che va un pensiero di gratitudine per essermi stati vicini. Ho suscitato aspettative. Ciascuno ha sentito questo libro anche suo, le lotte erano condivise. Ma è impossibile comunicare tutto. Vi dico ...