
Saggi e recensioni del 32° Premio Ferrero
Autore: AA. VV.
Tutti i saggi e le recensioni, con i vincitori, del 32° Premio Adelio Ferrero per giovani critici cinematografici. Con interventi di Vittoria Oneto, Lorenzo Pellizzari e Roberto Lasagna.
Tutti i saggi e le recensioni, con i vincitori, del 32° Premio Adelio Ferrero per giovani critici cinematografici. Con interventi di Vittoria Oneto, Lorenzo Pellizzari e Roberto Lasagna.
Film comico, film a episodi, film opera, film rivista, “western italiano”... Pur essendo tra i periodi meno studiati nella storia del cinema nazionale, i primi anni Cinquanta schiudono una sorprendente varietà di pratiche di genere, talvolta effimere, talvolta destinate a perdurare. Il volume interroga quel cinema attraverso l’indagine dei legami con la tradizione realista, il confronto con i più accreditati modelli di teoria dei generi cinematografici, l’analisi comparata di figure e topoi ricorrenti. L’obiettivo è quello di capire in che modo e attraverso quali procedimenti testuali esso dà vita, se non a generi nel senso solitamente attribuito al termine, sicuramente a film di genere, riconoscibili come tali a partire dalle attrazioni che propongono.
La filmografia di Valerio Zurlini è un cantiere aperto. L’officina degli attrezzi però è chiusa per sempre. Una contraddizione, non apparente, purtroppo concreta che in un canone ancor poco dinamico come è quello della storia del cinema italiano riesce ad essere indigesta. E che nei fatti relega il regista de Il deserto dei tartari in un cono d’ombra (...). Lo scorrimento orizzontale della sua bibliografia urta con la verticalità della filmografia. (...) Il campo d’azione è pienamente novecentesco; proprio il “secolo breve” per Zurlini si trasforma in un tempo di delusioni, individuali e collettive, e ancora una volta con la metafora angolare, urbana, territoriale, della “zattera della medusa”, sembra un “nostro contemporaneo”. Meris Nicoletto insegna materie letterarie in un liceo scientifico ed attualmente è dottoranda di ricerca in Storia e critica dei beni artistici, musicali e dello spettacolo presso l’Università di Padova. Ha pubblicato articoli e saggi sul cinema e sulla fiction televisiva, con particolare attenzione all’aspetto didattico e formativo.
La donna, la famiglia e il lavoro sono temi strettamente connessi. Pietro Germi li ha coltivati, soprattutto la donna e la famiglia, in tutta la sua opera. Considerato un moralista conservatore dalla critica, è stato dimenticato e sottovalutato negli anni Settanta e Ottanta. Le sue posizioni personali sono state confuse con quelle del regista che, al contrario, ha preceduto l’evoluzione sociale non solo nella trilogia satirica ma anche nei suoi ultimi film dove si è interrogato, magari contraddittoriamente, sul rapporto uomo/donna, diventato, come lo ha definito un recensore, la sua (magnifica) ossessione.
Tra i testi letterari di cui il cinema si è nutrito figurano anche tre romanzi di Pier Antonio Quarantotti Gambini: L’onda dell’ incrociatore, La calda vita e La rosa rossa che hanno dato vita, rispettivamente, a Les Régates de San Francisco (1960) di Claude Autant-Lara, La calda vita (1964) di Florestano Vancini e La rosa rossa (1973) di Franco Giraldi. Nella pur vasta bibliografia sui rapporti tra cinema e letteratura queste trasposizioni non sono mai state adeguatamente esplorate. Eppure si tratta di momenti storiografici di grande interesse, in particolare se assunti come specifici casi di studio della controversa relazione tra le due forme di espressione. Cercando di vedere quanto la poetica dello scrittore filtri sullo schermo, l’analisi si allarga dal confronto testuale al quadro storico di riferimento. Ognuno di tali casi, benché unico, si offre come occasione per ripensare la complessa dinamica dell’adattamento cinematografico di opere letterarie.
Issues through 1981 have subtitle: "Materiali di studio e di intervento cinematografici."
Edipo Re (1967) e Medea (1969) di Pier Paolo Pasolini - due dei massimi capolavori del cinema d'autore italiano degli anni '60 e '70, due film enigmatici, meravigliosi e affascinanti, scritti e diretti da uno dei più importanti e controversi intellettuali del '900. Due film di cui si è scritto e discusso molto, ma spesso a sproposito, superficialmente, lasciando irrisolto e inspiegato il senso di profondo mistero e di vertigine che ne accompagna la visione. Prendendo spunto dall'analisi di Edipo Re e Medea, questo saggio di storia della critica percorre sentieri piuttosto insoliti, al confine con la filologia, l'antropologia e la teoria del cinema vera e propria, raggiungendo risultati del tutto inaspettati che marcano una svolta e un punto di non ritorno negli studi pasoliniani. In questo libro, avvincente e ricco di scoperte e di sorprese quasi come un'indagine poliziesca, infatti, si dimostra ad esempio che: - Pasolini, in realtà, non pensava ai suoi film come a film "di poesia." - Che di questi film, paradossalmente, molte scene unanimamente indicate da tutti come fondamentali, non sono in realtà state analizzate da nessuno. - Che dietro al "sistema" semiologico di...
Oramai l’uscita di un film del regista canadese David Cronenberg è un evento culturale la cui portata trascende il campo della storia del cinema. Opere come Crash, eXistenZ o A History of Violence, solo per citarne alcune, sono a buon diritto considerate come dei saggi importanti sulla modernità e, in quanto tali, studiate e commentate da filosofi, sociologi, analisti economici, teorici dei media. La sua influenza sulla contemporaneità è determinata in gran parte dal coraggio e dall’originalità con i quali affronta tematiche che toccano da vicino la condizione dell’essere umano nel nostro mondo iper-tecnologico: la sua riflessione sul corpo, sul soggetto, sul contagio, sulla violenza, sulla tecnica, riprende e rielabora i grandi dibattiti che nel secolo scorso erano dominio della filosofia, della psicologia, della medicina e dell’antropologia. In ogni caso, ciascun film di Cronenberg ha il pregio dell’originalità, la capacità di spostare il punto di vista del senso comune per costringerlo ad assumere posizioni David per esso scomode e spesso inaccettabili.
Poeta, scrittore, regista, giornalista e acuto osservatore dei mutamenti sociali, Pasolini ha lasciato un segno in ognuno dei campi in cui ha riversato il proprio talento artistico e intellettuale. Letterati, filosofi, psicoanalisti e studiosi di cinema ne interrogano i diversi volti, lontano da ogni intento agiografico, per cogliere la viva attualità dell’opera e della riflessione dell’autore nelle sue diverse declinazioni. Quale, insomma, l’eredità di Pasolini oggi?
The subject of this research is a critical comparison between Michel2 Leiris and Pier Paolo Pasolini's life and work. They have been two opf the most fascinating and controversial personalities of the last century. These poets, in different historical moments, living a different background, have pushed their artistic and intellectual research excelling literary expression and meeting doctrines like history of religions and ethnology. The chosen connection to virtually bring together two cultural ways examined could only be the African continent: this fact can be explained because of the important role that the "black continent" - mixture of romantic fantasies and regeneration dreams - has played in both authors. The theme of Africa is intimately connected with the reflections that both, Leiris and Pasolini, have developed about the dimension of the holy. Leaving out the different results they reached during their activities, their reflection explain how both authors belong to a specific cultural trend that has been present in a large part of European culture of the last century.
E' un testo che raccoglie alcuni degli interventi presentati durante un ciclo di seminari promosso nel 2006 dal Dams dell`Università della Calabria. Fra i relatori si annoverano studiosi di letteratura: Nicola Merola, Antonio Trinomi; di filosofia: Michael Hardt, Fabrizio Palombi, Paolo Virno; di cinema: Roberto De Gaetano, Marcello Walter Bruno, Bruno Roberti, Tomaso Subini, Alessandro Canadé; di teatro: Valentina Valentini, Vincenza Costantino; di estetica musicale: Carlo Serra. Gli interventi sono tesi a promuovere la discussione sulla contemporaneità di Pasolini e della sua opera, cercano di individuare le tematiche ricorrenti tra letteratura e cinema e indagano sui rapporti che la vasta produzione pasoliniana intesse con altri ambiti come il teatro, la televisione, la musica. Ennesimo tributo a questa straordinaria figura d`intellettuale del ‘900, il ‘Corpus Pasolini’ riesce nel complicato intento di evitare i luoghi comuni, non si ripete, anzi offre nuovi e intriganti spunti di riflessioni e approfondimenti sull`immane opera pasoliniana.
Muovendo da un’analisi estetico-semiologica di opere significative nel campo del cinema, il presente volume tenta di mettere in luce le peculiarità strutturali del linguaggio cinematografico nelle sue articolazioni tecniche e retoriche. Dal montaggio al piano-sequenza e ai movimenti di macchina (livello sintattico) fino alle anacronie e alle forme piú complesse di gestione del racconto (livello narratologico), questo studio attraversa le principali modalità di funzionamento del testo audio-visivo in rapporto ai fini diegetici e di costruzione del significato. Il metodo impiegato non è storiografico, né tanto meno storicistico: il volume mira a sondare trasversalmente modalità espressive ricorrenti e dunque a porre le basi per una vera e propria narratologia di marca semiotica della grande arte del cinematografo.
La realizzazione del film La terra trema rappresenta un affascinante enigma della storia del cinema italiano, un episodio sul quale sembrano aver influito in maniera determinante i rapporti intercorsi fra politica e cinema in un periodo estremamente...
L’insistenza del rapporto tra immagine pittorica e immagine filmica è sempre stata argomento ineludibile per gli studiosi dell’opera cinematografica di Pier Paolo Pasolini. Pensiamo ai saggi o alle monografie di Brunetta, Marchesini, Galluzzi e dello stesso Zigaina.(...) Chi non conosce il tanto citato parallelismo tra il Cristo Morto di Mantegna a Brera e la ripresa in scurto di Ettore morente nel suo letto di contenzione in Mamma Roma? Chi non conosce la tanto dibattuta quaestio dei prestiti figurativi esplicitati da Pasolini nei primi tre film (il Masaccio di Accattone e Mamma Roma, la Deposizione del Pontormo in La ricotta), quasi a titolo di omaggio al magistero longhiano? Ecco pertanto dispiegarsi nel presente volume (...) il tracciato completo del rapporto tra Pasolini e le arti, dall’affezione quasi morbosa per il “colore” nei disegni di gioventù alla “fulgurazione pittorica” d’epoca universitaria, dalla vertenza critica su una personalità controversa come quella del Romanino (1485 ca.-1550 ca.) alla scoperta, sempre di ascendenza longhiana, del manierismo e del barocco, nonché, per li rami, dei dispositivi della contaminazione e del crossover (o,...
Nel primo centenario della nascita di Orson Welles (Kenosha, Wisconsin, 6 maggio 1915), l’attenzione generale torna inevitabilmente a essere puntata sul suo capolavoro d’esordio, quel Citizen Kane (1941) che è forse il film più discusso e studiato di tutta la storia del cinema (oltre che, a giudizio di molti, uno dei migliori mai realizzati). Liberamente ispirato alla vita di William Randolph Hearst, magnate americano dell’editoria e archetipo del capitalista moderno, Quarto potere – analizzato qui alla luce di materiali nuovi e delle critiche più recenti – «intuisce l’invasività della nuova forma immaginaria del capitale, il suo incontenibile diffondersi e moltiplicarsi in infiniti rivoli e specchi, e la trasformazione epocale del denaro e dell’impresa in qualcosa di fluido e fittizio».
"Tutto ciò che resterà della mia vita è quello che ho scritto." Qualcuno l'ha detto pensando a se stesso, però sono parole che si adattano anche a me. Ho sempre voluto scrivere. Alla fine della scuola media, andavo per i tredici anni, mio padre Ernesto mi regalò una macchina Underwood di seconda mano, dicendo: "Vedi un po' se la sai usare". Mia madre Giovanna mi mandò a una scuola di dattilografia. Ma dopo un paio di lezioni, chi la dirigeva le spiegò: "Giampaolo ha imparato subito quanto gli serve. Non butti via i suoi soldi". Ho cominciato a scrivere nell'estate del 1948 e da allora non ho più smesso. Nell'ottobre 2015 di anni ne ho compiuti ottanta. E ho deciso che potevo permettermi questo libro. Non oso definirlo un'autobiografia, parola pomposa. Allora dirò che è il racconto personale di un vecchio ragazzo destinato a fare il giornalista. Non venivo da una famiglia di intellettuali. Mio padre era operaio del telegrafo. Mia madre aveva cominciato a lavorare a dieci anni ed era stata così brava da aprire un negozio di mode. La mia nonna paterna, Caterina, era analfabeta. Rimasta vedova con sei bambini da crescere, aveva vissuto nella miseria più nera. Troverete qui ...
La storia di Andrej Rublëv, il secondo lungometraggio di Andrej Tarkovskij, ha inizio nel 1964 quando, dopo il successo dell’Infanzia di Ivan, al regista vengono concessi i finanziamenti che gli permetteranno di raccontare la vita del più grande pittore di icone del medioevo russo. All’epoca l’Unione Sovietica sta vivendo il «disgelo» voluto da Chruščëv, durante il quale si susseguono alcuni timidi segnali di apertura. Proprio sfruttando questi spiragli di libertà, Tarkovskij racconta la vicenda del monaco pittore vissuto in tempi calamitosi (la Russia del XIV e XV secolo), facendone una metafora del potere salvifico dell’arte e dello spirito dell’uomo, e un atto d’accusa verso i totalitarismi che non ha perso nulla della sua forza originaria.
Nel cuore degli anni Trenta Rudolf Arnheim fu tra i principali animatori del dibattito italiano sul cinema. Le tracce di quella fugace ma intensa stagione, segnata da una rocambolesca fuga a causa delle leggi razziali, rischiavano di andare perdute. Questo volume riporta alla luce un consistente corpus di articoli e saggi apparsi sulle più importanti riviste specializzate dell’epoca, a testimonianza del signifi cativo ruolo che Arnheim ebbe nel panorama culturale del nostro paese e dell’importanza che la sua parabola italiana ricoprì nella maturazione del successivo lavoro. Ad emergere è un volto inedito di Arnheim, acuto osservatore della produzione cinematografi ca internazionale e ponderato divulgatore degli aspetti psicologici e tecnologici dell’arte delle immagini in movimento. Una voce autonoma, originale e diretta che ancora oggi può parlare agli studiosi e agli appassionati di cinema.
La professione di Emilio Tarditi è quella del cronista, nel senso alto e originario della parola: il suo stile mette al centro dell’informazione un certo tipo di fatti che alla lunga mostra l’immagine veridica di Cosenza non solo nella sua evidenza, puramente geografica, di luogo, ma in quel rispecchiamento di speranze, di tensioni morali e di progetti che faceva parlare Cattaneo delle città come “principio ideale delle istorie italiane”. Dalla Prefazione di F. Walter Lupi
Prestigiosi studiosi di diversi ambiti scelgono e scrivono del loro “più grande film italiano”. Importanti artisti, registi, fotografi rispondono a una domanda sul loro rapporto con il cinema italiano, sui loro amori, sulle immagini e sui loro film preferiti. Un numero speciale per i 10 anni della rivista, al quale partecipano: Gianni Amelio, Roberto Andò, Giorgio Barberio Corsetti, Marco Bellocchio, Gianni Berengo Gardin, Maurizio Bettini, Maurizio Braucci, Gianni Canova, Giovanni Careri, Romeo Castellucci, Felice Cimatti, Emma Dante, Tonino De Bernardi, Roberto De Gaetano, Pippo Delbono, Massimo Donà, Paolo Fabbri, Jan Fabre, Francesco Faeta, Michelangelo Frammartino, Massimo Fusillo, Nadia Fusini, Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi, Peter Greenaway, Mariangela Gualtieri, Paolo Jedlowski, Emir Kusturica, Franco Maresco, Pietro Marcello, Valerio Magrelli, Salvatore Mereu, Pietro Montani, Tim Parks, Alfredo Pirri, Paul Schrader, Ferdinando Scianna, Toni Servillo, Susan Stewart-Steinberg, Bob Wilson.
Keaton inventa e propone un nuovo modo di ridere e sorridere. A più livelli. Sherlock Jr. e i suoi film infatti fanno ridere sia un pubblico infantile per i gag a incastro, per il ritmo sul fortissimo e per le fughe-rincorse, sia un pubblico adulto per il metodo con cui è costruita e realizzata l’azione, sia un pubblico di intellettuali e di artisti per le invenzioni architettoniche sia nello spazio sia nel tempo. Il linguaggio di Keaton è a più strati e contemporaneamente universale. Non ha bisogno di traduzioni perché è comprensibile ovunque.Il libro di Francesco Ballo presenta e mette a fuoco proprio il metodo e il linguaggio di Buster Keaton, evidenziandone le peculiarità uniche e fantastiche, contemporanee a quelle degli artisti del suo periodo. Si tratta di uno studio analitico che pone al centro dell’attenzione il film Sherlock Jr. indagandone ogni singola inquadratura e confrontandolo con gli altri suoi film. Lo studio però non si limita al solo film analizzato, ma propone gli esordi del piccolo Buster con i genitori nel Vaudeville, la sua cinefilia precedente il fondamentale incontro con il grande e famoso Roscoe Fatty Arbuckle, che lo fa esordire nel mondo...
Questo libro nasce dal desiderio di ripercorrere un decennio di vita del cinema italiano, gli anni Cinquanta che, stretti tra il neorealismo e la modernità degli anni Sessanta, appaiono, a ogni rinnovato studio, un campo prezioso di esercizio per trascorrere dal vecchio al nuovo, dalla tradizione a forme rinnovate per il nostro cinema. E studiando questo periodo si incontra Giorgio Bassani come uomo di cinema. Un aspetto, questo, sicuramente minore rispetto alla mai abbastanza celebrata personalità di fine letterato e di indomito intellettuale. Ma un aspetto che ci permette di rileggere il cinema di quegli anni come grande momento di elaborazione di un passato prossimo, di un’eredità cogente, di una storia appena trascorsa, ma anche come volano per intraprendere spericolate strade divergenti, rotte alternative che puntano a un orizzonte che appena si intravede. Seguire le tracce lasciate dalla relazione di Bassani con il cinema italiano significa, dunque, prendere le mosse da una biografia, dalla storia di una vita, e ritornare sentimentalmente a un periodo che ha visto letterati impegnati a fianco di personalità del mondo del cinema tentare la bella impresa del confronto,...
Questa monografia prende in esame l'ultimo film di Pier Paolo Pasolini del 1975, Salo, o le 120 giornate di Sodoma, e ne mette in relazione il linguaggio figurato con i violenti epigoni del regime fascista nella Repubblica Sociale di Salo. Al fine di comp"
Negli ultimi vent’anni il dibattito sulla Resistenza e la Liberazione si è periodicamente riacceso con fiammate improvvise ma, con il passare del tempo, sempre più sporadiche. Parallelamente, la costruzione del discorso pubblico è parsa spesso condizionata da “scoperte” effimere o da questioni riportate artificiosamente alla ribalta in funzione della polemica politica e gestite, poi, mediaticamente senza alcun riferimento agli studi storici esistenti. E sono proprio gli storici, in questo volume, a scendere in campo per valutare quanto di quel dibattito e della ricerca storiografica più in generale si sia sedimentato nella comunità scientifica e quanto la ricorrenza del 25 aprile sia entrata nella coscienza civile del paese e sia percepita come fondamento della convivenza di una comunità. Seguire il corso delle celebrazioni di questa festa nazionale dal 1946 a oggi, recuperarne le tracce attraverso la comunicazione politica e le forme artistiche e culturali è il modo per verificare se, come e quanto le aspettative e i valori insiti nella festa dell’insurrezione contro il fascismo e il nazismo siano stati letti e veicolati nella storia della Repubblica.
Ritratto incompiuto del padre (Ebauche du père), Sénac lo immaginava come creazione di lungo respiro, che doveva essere composta da più volumi, nutrita da tutto quello che aveva modellato la sua sensibilità, forgiato il suo essere dolente, appassionato, assetato di tenerezza e di assoluto: da Orano, la città della sua infanzia, alla patria di Lorca della quale portava le scottature del cuore; dalle amicizie illuminanti ai fragili e occasionali, quanto rischiosi, incontri del desiderio; da sua madre, eccessiva nei gesti come nei sentimenti, per quanto silenziosa sull’assenza del padre, a Camus che chiamava hijo mio (figlio mio). Quale che fosse il suo desiderio, Sénac si fermò al primo volume, Per finire con l’infanzia (Pour en finir avec l’enfance) che, cominciato nel febbraio 1959, non fu completato che nell’ottobre 1962, data del ritorno del poeta nel suo paese natale nuovamente indipendente. Non possiamo dubitare che la stesura di questo libro sia stata per Jean Sénac un’avventura piena di incertezze, un assillo, una sofferenza. Non che abbia incontrato qualche difficoltà nello scrivere – la ricchezza della sua immaginazione e la vivacità della sua penna...
“Da quanto tempo nella narrativa italiana non si ascoltava il silenzio del mare, rotto dallo schiocco delle vele sotto la spinta dei venti?” Questo si chiedeva Carlo della Corte, nell’ormai ormai lontano 1981, presentando negli Omnibus Mondadori Le isole della paura, romanzo d’avventura marinara, appunto, di Mino Milani. Con Il segreto del Magenta ecco lo scrittore pavese partire per il primo giro del mondo compiuto da una nave da guerra italiana, alla fine dell’Ottocento. È questo, insieme, libro di verità e di libera invenzione, quindi con eventi e personaggi reali o immaginati: ma che mai e in nessuna misura travalicano la possibile realtà, restando uomini veri in una vicenda storica.
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