
Saggi - saggio (227 pagine) - Saggi su Maj Sjöwall e Per Wahlöö, Anne Perry, Claude Izzo, Alicia Gimenéz Bartlett, Qiu Xiaolong, Moussa Konaté La storia del romanzo giallo ha seguito la storia dello sviluppo della società borghese, e con essa si è evoluta a partire dai classici fra `800 e `900, fino alla dilagante serie di opere contemporanee che hanno invaso il mercato librario internazionale coinvolgendo un’area immensa di pubblico. Se inizialmente la produzione e la fruizione del giallo finivano per collocarsi tra Europa continentale e America, oggi gli spazi della detective novel si sono praticamente moltiplicati in ogni direzione, dal grande Nord all’area mediorientale, all’Africa, all’Asia. La dilatazione geografica e culturale connessa alla distruzione degli stati e delle economie nazionali iniziata nell’ultimo trentennio del secolo scorso ha inciso anche in questo campo. Dalla Svezia di Maj Sjöwall e Per Wahlöö alla Londra vittoriana di Anne Perry, dal Noir mediterraneo di Jean-Claude Izzo alla Spagna di Alicia Giménez -Bartlett, fino alla Cina di Qiu Xiaolong e all'Africa di Moussa Konaté, un percorso nel giallo contemporaneo e nel suo rapporto con...
Per Leonardo Sciascia nel romanzo poliziesco c’è qualcosa di metafisico: «L’incorruttibilità e infallibilità dell’investigatore, la sua quasi ascetica vita, il fatto che non rappresenta la legge ufficiale ma la legge in assoluto, la sua capacità di leggere il delitto nel cuore umano oltre che nelle cose, ne fanno un eletto». Non è un caso allora che lo scrittore siciliano faccia partire questa breve ma affascinante storia del «giallo» dalla Bibbia con il primo detective privato, che identifica nel profeta Daniele. Da lui discendono tutti gli investigatori che sono venuti in seguito, dal Dupin di Edgar Allan Poe all’avvocato Perry Mason di Erle Stanley Gardner, passando per Sherlock Holmes di Arthur Con Doyle e Hercule Poirot di Agatha Christie. Sciascia analizza sottilmente regole del gioco e meccanismi narrativi, portandoci dai «gialli d’azione» degli americani duri e malinconici come Samuel Spade di Dashiell Hammett al commissario Maigret della polizia parigina. All’elenco mancherebbe solo Sciascia stesso che da Il giorno della civetta a Il contesto coltivò il genere come l’amato Gadda: a modo suo.
Vladimir Giorgio Scerbanenco, ucraino di nascita (Kiev, 1911) ma italiano d’adozione e di formazione, è morto a Milano nel 1969 dopo essere stato uno tra i maggiori protagonisti della nascita e dello sviluppo della letteratura di massa in Italia. Autentica «macchina per scrivere storie», ha frequentato con perizia e disinvoltura tutti i generi cosiddetti «paraletterari» attribuendo loro nuova dignità. È stato autore di un centinaio di romanzi, di svariati racconti e di numerosi articoli che testimoniano un percorso letterario coerente, personale e innovativo riconosciuto in parte e solo tardivamente dalla critica. Circa vent’anni dopo aver significativamente contribuito al rinnovamento della letteratura «gialla» classica, alla fine degli anni Sessanta, ha usato la propria acuta sensibilità noir per sconvolgere l’immaginario letterario nazionale. In questi ultimi lavori, in particolare, non si tratta di risolvere un enigma, ma piuttosto di rappresentare e comprendere la sfera delle sofferenze individuali all’interno di più ampie determinazioni sociali che pesano fatalmente sulla possibilità del singolo di esperire razionalmente la realtà. Alla forma...
Il saggio intende affrontare la questione dei rapporti di filiazione tra scritture poliziesche e non finzionali, cercando di rispondere alla domanda: esiste la volontà di applicare moduli e formule del giallo e del noir all’interno delle scritture di non-fiction? Partendo da questa premessa di indagine viene ripercorsa la nascita del giallo, nel contesto e nelle finalità affidate al genere, con una breve focalizzazione sul caso italiano, per giungere fino a Sciascia quale “anticipatore” di quei processi di commistione tra letteratura gialla e ricostruzione giornalistica che si ritroveranno nelle scritture più recenti. Procedendo verso la fine del XX secolo l’indagine si sposta su un corpus di romanzi di fiction e non-fiction, in cui il crimine è l’elemento centrale della narrazione. L’ultima sezione affronta invece l’analisi di alcuni romanzi di non-fiction di vario genere, nei quali il crimine non è propriamente materia della narrazione, ma permangono alcuni elementi residuali del poliziesco contemporaneo: la ricerca per tracce, la frammentazione della verità, il soggetto cognitivo della prima persona, che conduce la propria ricerca con la volontà di...
«Sherlock Holmes è il poliziotto protestante che trova il bandolo di una matassa criminale partendo dall’esterno, basandosi sulla scienza, sul metodo sperimentale, sull’induzione. Padre Brown è il prete cattolico che, attraverso le raffinate esperienze psicologiche date dalla confessione e dal lavorio di casistica morale dei padri, pur senza trascurare la scienza e l’esperienza, ma basandosi specialmente sulla deduzione e sull’introspezione, batte Sherlock Holmes in pieno». Antonio Gramsci
Perché, malgrado la drammatica abbondanza di delitti reali, la nostra società ha bisogno di consumare quotidianamente massicce dosi di crimini letterari, cinematografici e televisivi? Perché il poliziesco si sta imponendo come genere “dominante”? Si tratta di una mera questione commerciale? Di una semplice moda? Alessandro Perissinotto, nella sua duplice veste di sociologo e di scrittore di noir, riflette sul successo della narrativa d’indagine e ne cerca le ragioni profonde in quel diffuso e inappagato desiderio di verità che caratterizza il mondo contemporaneo. In una società sulla quale aleggia perpetuamente lo spettro del complotto, l’investigazione diventa il modello conoscitivo privilegiato, il metodo ultimo per combattere le mistificazioni del potere. E così, non solo il poliziesco impera sugli schermi e tra le pagine dei libri, ma la sua presenza si fa pervasiva anchenella realtà, fino a influenzare le sentenze dei giudici popolari (in quello che viene ormai chiamato il C.S.I. Effect) e fino a condizionare la percezione della scienza medica che, in una visione mediata e massificata, si trasforma in indagine continua, proprio come avviene nella serie Dr....
Dopo la sua nascita ufficiale nel 1928 con la Morfologia della fiaba di Propp e dopo gli straordinari progressi compiuti negli anni Sessanta e Settanta grazie alla Scuola di Parigi (da Roland Barthes a Gérard Genette), la narratologia si è andata configurando come una disciplina essenziale per lo studio morfologico dei testi narrativi, di matrice sia letteraria come i romanzi, sia extra-letteraria come gli articoli di cronaca giornalistica: se oggi riusciamo con sorvegliato rigore a identificare le unità minimali di una narrazione, trovare la grammatica sequenziale di un racconto, classificare la posizione del narratore all’interno di una storia, valutare il rapporto sempre mutevole tra il tempo della storia narrata e il tempo del discorso che la narra, identificare il punto di vista attraverso cui una storia è raccontata (parziale, totale, a focalizzazione variabile ecc.) lo dobbiamo al corpus di ricerche e al lavoro tassonomico svolto da quella grande generazione di strutturalisti. Dopo qualche anno di impasse, la narratologia è uscita da un alveo strettamente letterario per trovare nuovi stimoli nella psicologia genetica e cognitivista, e oggi nelle neuroscienze, che...
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