
Il mito di Medea
Autore: Lucio Anneo Seneca , Euripide
Numero di pagine: 128Mai il mio furore si stancherà di chiedere vendetta, ma crescerà sempre, come ferocia di fiera. SENECA (4 ca a.C. - 65 d.C.)
Mai il mio furore si stancherà di chiedere vendetta, ma crescerà sempre, come ferocia di fiera. SENECA (4 ca a.C. - 65 d.C.)
Il volume offre un commento ai frammenti delle tragedie latine di età repubblicana incentrate su diverse fasi del mito di Medea: la Medea exul di Ennio, il Medus di Pacuvio, la Medea sive Argonautae di Accio. Nell'introduzione vengono prese in esame questioni inerenti la ricezione e la fortuna del mito nel mondo romano e la sua riproposizione sulla scena. Ciascuna tragedia è analizzata sotto l'aspetto della tradizione testuale, della drammaturgia e del possibile rapporto con i modelli greci; i frammenti vengono proposti in un nuovo ordine che tiene conto della loro possibile successione nello sviluppo originario della trama e il testo è corredato da una nuova traduzione e da un apparato critico, uno dei fontes e uno di loci paralleli. Il commento è incentrato sui contesti di trasmissione, sui problemi critico-testuali, su metrica, lingua, stile e strutturazione retorica dei versi; dove possibile si tenta un confronto con il modello greco e si avanzano considerazioni su aspetti di drammaturgia e performance, al fine di un tentativo, pur sempre incerto, di ricostruzione dei drammi.
Due tragedie “forti”, in cui la presenza degli dèi ha ormai solo una funzione di immagine-simbolo di valori immanenti nella vita dell’uomo, come la forza dell’eros e l’ideale della purezza. La protagonista di Ippolito, Fedra, e ancor più Medea sono tra i personaggi più drammatici del teatro d’ogni tempo: la tragedia è tutta interiore, il conflitto è dentro l’animo delle due straordinarie figure femminili, nello scontro tra le ragioni del cuore e della passione e la lucidità delle risoluzioni estreme portate a compimento.
E’ comodo definirsi scrittori da parte di chi non ha arte né parte. I letterati, che non siano poeti, cioè scrittori stringati, si dividono in narratori e saggisti. E’ facile scrivere “C’era una volta….” e parlare di cazzate con nomi di fantasia. In questo modo il successo è assicurato e non hai rompiballe che si sentono diffamati e che ti querelano e che, spesso, sono gli stessi che ti condannano. Meno facile è essere saggisti e scrivere “C’è adesso….” e parlare di cose reali con nomi e cognomi. Impossibile poi è essere saggisti e scrivere delle malefatte dei magistrati e del Potere in generale, che per logica ti perseguitano per farti cessare di scrivere. Devastante è farlo senza essere di sinistra. Quando si parla di veri scrittori ci si ricordi di Dante Alighieri e della fine che fece il primo saggista mondiale. Le vittime, vere o presunte, di soprusi, parlano solo di loro, inascoltati, pretendendo aiuto. Io da vittima non racconto di me e delle mie traversie. Ascoltato e seguito, parlo degli altri, vittime o carnefici, che l’aiuto cercato non lo concederanno mai. “Chi non conosce la verità è uno sciocco, ma chi, conoscendola, la chiama bugia,...
Drawing upon Italy?s distinct socio-cultural history as well as feminist and psychoanalytic approaches to film, Colleen Ryan-Scheutz explores the ways in which Pasolini?s representations of women reveal his concerns about the corruption of modern society.
“MEDEA - La perfezione dell'ombra" - Alessandro Cabianca, riprendendo quanto scritto da Pindaro, Esiodo, Erodoto, Apollonio e Apollodoro, rappresenta una Medea bellissima, madre, amante e sposa fedele e propone una diversa versione del mito rispetto ad Euripide; una versione che ha radici antiche ed è stata riproposta di recente da una grande scrittrice della Germania dell’Est, Christa Wolf: Medea stessa racconta che i suoi figli sono stati uccisi non da lei stessa, ma ferocemente lapidati dai Corinti per aver consegnato la veste fatale a Glauce, nuova sposa di Giasone (come affermano alcuni commentatori di Euripide). Il mito di Medea, di una tragicità estrema, ritorna così a vivere ritrovando nuovi significati, come se un antico mitografo ne avesse ripreso il racconto”.
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