
Nel 1945 il PCI si presentava sulla scena pubblica con un nuovo volto. A cambiare non era soltanto la sua strategia politica, mutavano anche le sue parole. Lasciata in ombra la classe, categoria identitaria egemone sin dal 1921, nel fuoco della guerra civile “il popolo” aveva progressivamente guadagnato un posto di primo piano nella retorica del partito: nelle narrazioni della Resistenza, del partito nuovo e della democrazia progressiva. Nel corso della storia repubblicana, sul popolo il PCI avrebbe fondato la politica culturale, la via italiana al socialismo, l’interpretazione dei movimenti di liberazione nazionale; sul popolo avrebbe poi lanciato il compromesso storico. Il volume ricostruisce le modalità con cui il partito ha articolato la dialettica tra politica e popolo, riuscendo a veicolarne le istanze più eversive entro i canoni della democrazia rappresentativa.
Ci sono momenti in cui è impossibile trattenere dentro di sé emozioni e pensieri, e allora è giusto urlarli a voce spiegata, perché gli altri sentano, riflettano e, forse, comprendano. Con questa silloge poetica, Abdoulaye Thiam ci fa partecipi del suo orgoglio di essere africano e delle tradizioni di un grande continente, ma anche della sua rabbia, dell’umiliazione di un profugo che, senza colpa, ha dovuto lasciare le sue terre violentate dalle multinazionali, quell’Africa ricca ma le cui risorse non vanno a favore del suo popolo. Anche l’amore diventa un urlo, la tenerezza per una donna, il bisogno di fraternità, il rimpianto struggente per la madre scomparsa. Infine, ad alta voce, ci dice le sue speranze per un futuro di pace e di prosperità, di un mondo pacifico e solidale in cui i bambini non siano più costretti ad imbracciare armi, ma non soffrano la fame, non muoiano di malattie infantili, vadano tutti a scuola. E ci dice anche dov’è rimasto il suo cuore. Perché una persona può espatriare, ma il suo cuore no.
Nella narrazione dominante l’Africa è un solo immenso disastro, un continente stremato dai conflitti e dalle carestie, un “cuore di tenebra” che inghiotte ogni speranza. E l’emigrazione è l’unica alternativa possibile. Una visione ideologica, superficiale e sbagliata. L’Africa non è un blocco omogeneo, l’Africa è plurale. Vi sono le Afriche. Un continente giovane, pieno d’opportunità e potenzialità. Al di là dell’emergenzialismo, degli interventi incoerenti, della filantropia pelosa, è tempo di sguardi e pensieri nuovi. Lasciando alle spalle schemi irenici e formule passatiste.
Questo terzo volume di Storia della politica internazionale valuta l’evoluzione interna ai due blocchi “Est-Ovest” nel periodo 1957-2017. Esclusa la possibilità di prevalere con un confronto militare aumenta lo sforzo dei due competitori per rendere ottimale il proprio modello. Vengono esaminate le alleanze, le unioni economico-sociali, gli impegni umanitari e la presenza all’interno dell’ONU. Emerge il ruolo esercitato dalle grandi potenze sia nel mondo liberal-democratico che in quello marx-lenin-maoista. Gli USA sono impegnati in un ciclopico sforzo nelle Americhe, in Europa, in Asia e anche in Africa sotto la guida di diversi presidenti fra i quali Kennedy, Nixon, Carter, Reagan, Bush, Clinton, Obama e Trump. L’esame del mondo comunista si sofferma sull’evoluzione sovietica fino alla dissoluzione dell’URSS; in questi decenni sono al centro della scena Krusciov, Breznev e Gorbaciov. Negli anni successivi la guida della Russia è assunta da Eltsin e da Putin. Un’attenzione specifica è riservata al lungo dopoguerra tedesco; la Germania, debellata, occupata e divisa persegue con tenacia la riunifcazione. Un rilievo particolare è riservato alla Cina durante gli ...
L’Africa non è solo sinonimo di miseria e arretratezza. Oggi il continente è cambiato, è diventato la terra delle mille opportunità, e sta dando un contributo notevole al percorso abolizionista della pena di morte, configurandosi come il secondo continente, dopo l’Europa, sulla strada dell’eliminazione della pena capitale. È convinzione comune che l’Africa sarà decisiva in questa battaglia di civiltà e di umanità, per i contenuti dell’umanesimo africano espressi lungo tutta la sua storia. In Africa l’abolizione della pena capitale è associata alla ricerca di una vera giustizia, non vendicativa ma riabilitativa. La maggior parte degli Stati ritiene la pena di morte una violazione irrimediabile della sacralità della vita e della dignità umana, che impoverisce e non difende le società che la applicano. Le recenti positive evoluzioni in questa battaglia, mostrano qual è l’apporto che l’Africa può dare in termini di civiltà al nostro tempo. “L’Africa sta abbandonando, nella maggior parte dei suoi Paesi, l’applicazione della pena di morte”. (Luciano Eusebi) “La pena capitale, almeno quella giuridica e legalizzata, non fa parte della tradizione...
In questi dieci reportage narrativi apparsi tra il 1962 e il 1966 sul settimanale “Polityka”, con l’occhio attento e la profondità di giudizio che gli sono propri Kapus ́cin ́ski descrive il periodo di rottura nella storia del continente: la nascita di nuovi stati, i capi che li hanno guidati, la crisi dei primi sistemi politici e le storie della gente comune. Ma la cosa più straordinaria è che a distanza di quarant’anni questo libro continua a essere fondamentale per chiarire i problemi dell’Africa e, per varie ragioni, resta una delle più importanti testimonianze mondiali della decolonizzazione africana.
Oggetto principale del presente lavoro – nel quale riprendo in parte, con le opportune modifiche alcuni miei precedenti contributi sul tema e con l’aggiunta delle fonti documentarie essenziali - é il settore della frontiera somalo-etiopica compreso tra Dolo e l’intersezione 48°M/8°P, che costituisce anche l’oggetto principale del contenzioso confinario somalo-etiopico. Gli altri settori verranno richiamati soltanto nei limiti in cui possono fornire ulteriori elementi di giudizio per chiarire meglio la questione che ci interessa in via prioritaria.
I due volumi in cui l'opera si divide mostrano l'importanza fondamentale del riferimento alla Realta Ultima come elemento strutturante che unifica donazione di senso e di prassi salvifica delle tripologie dell'insieme. Il volume inizia con un capitolo sulla natura analogica del fenomeno religioso e chiarifica poi comparativamente il termine generale di teismo che nell'uso scientifico diventa concetto analogo comprendendo le religioni aventi unita dal riferimento ad una Realta Ultima o Divino personale oppure ad un Divino impersonale (panteismo e monoismo religiosi ). Giovanni Magnani e nato a Oderzo (Treviso) nel 1929.Ha fondato l'Istituto di Scienze Religiose presso la Pontificia Universita Gregoriana in Roma e ne e stato Preside dal 1965 al 1973 e di nuovo dal 1986 al 1998. Nel 1981 e stato ordinario di Fenomenologia storico-comparata e di Antropologia psicoanalitica presso presso la Facolta di Filosofia.
Come nascono le forze speciali e in che contesto furono create? Quali sono le migliori unità da combattimento oggi? Questo libro offre una disamina completa delle forze d'élite degli eserciti contemporanei. Create per operare in ambienti ostili anche a grande distanza dalle proprie basi, le forze speciali rappresentano uno strumento di intervento e dissusione ormai insostituibile per i governi. Il mondo è entrato in una nuova fase in cui la violenza in tutte le sue forme sta ponendo a dura prova l’equilibrio internazionale. I conflitti etnici e religiosi, le guerre civili e il terrorismo minacciano di incendiare intere aree del pianeta. Le opportunità di intervento delle forze armate si sono quindi moltiplicate e sono divenute essenziali per ogni Stato che si proponga di difendere i propri interessi ed i propri cittadini attraverso uno strumento militare in grado di adattarsi alle nuove minacce e a reagire efficacemente. A questo proposito, “le forze speciali”, unità di élite responsabili di missioni impossibili, composte da combattenti eccezionali, addestrate a operazioni pericolose, fulminee e segrete, sono oggi in prima linea nella lotta al terrorismo islamico....
Le possenti mura di Costantinopoli hanno arginato per secoli le ondate di nemici che insidiavano l'Europa cristiana. Le armate dell'impero romano d'Oriente si erano trasformate nello scudo di Cristo: questa è la storia della loro lunga lotta, fino alla vittoria. L'impero romano d'Oriente visse suo malgrado per oltre mille anni in uno stato di guerra continua. La sua capitale Costantinopoli, la splendida 'regina delle città', non smise mai di attirare conquistatori avidi di preda dai quattro angoli del mondo: Goti, Unni, Slavi, Avari, Persiani, Arabi, Bulgari… L'impero, spesso sull'orlo della disfatta, riuscì sempre a trovare la forza necessaria per rialzarsi dopo le sconfitte. Aveva ereditato da Roma antica uno dei più potenti eserciti della storia: attraverso molti cambiamenti organizzativi, strategici e tattici, fu comunque in grado di mettere in campo armate capaci di respingere le continue invasioni. Il libro ripercorre i primi turbinosi secoli di questa storia, dalla disfatta di Adrianopoli del 378, che costrinse Teodosio I a riformare l'intero sistema difensivo imperiale, fino alle vittorie sugli Arabi e sui Bulgari, che nel IX secolo restituirono alla Nuova Roma uno...
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Le sfide più impegnative di politica estera con cui si è misurato il governo Renzi la crescente instabilità del vicinato, la crisi migratoria, l’acuirsi della minaccia terroristica, le riemergenti turbolenze finanziarie – possono trovare un’efficace risposta solo a livello europeo, in una rinnovata capacità dei membri dell’Ue di agire in modo collettivo e solidale. L’Unione europea è in effetti rimasta il principale campo di azione della diplomazia italiana. Tuttavia, i progetti di riforma delle politiche Ue sostenuti o promossi dal governo, che miravano a rafforzare i meccanismi e gli strumenti di integrazione e solidarietà fra i paesi membri in settori chiave come la governance economica e la politica migratoria, hanno fatto limitati progressi. Vi sono state anche periodiche tensioni con le istituzioni europee, che hanno fatto riemergere una disputa mai sopita sulla ripartizione dei compiti e delle responsabilità tra livello europeo e nazionale. Alcune persistenti debolezze strutturali dell’Italia hanno continuato a limitarne la proiezione internazionale, ma lo sforzo del governo per rafforzare il ruolo del paese in diverse aree di primario interesse...
Il secolo delle ideologie, il secolo delle masse, il secolo della scienza e della tecnologia. E ancora: il secolo delle guerre, il secolo americano, il secolo delle donne, il secolo della violenza. È ancora presto per dare una definizione conclusiva del Novecento, ma certo è possibile ripercorrerne le complesse vicende. Un'ampia selezione di documenti – in quattro volumi – consente di avvicinarsi direttamente ai momenti più significativi e ai protagonisti del secolo, così da misurare i propri interessi e verificare le proprie scelte di campo. Dal processo di Norimberga ai capi nazisti fino all'anno spartiacque nella storia delle mentalità e dei comportamenti del Novecento, il Sessantotto. In questo volume, lo sguardo si allarga verso l'Africa, l'Asia e l'America Latina, protagoniste del processo di decolonizzazione e di grandi trasformazioni come la rivoluzione cinese e la rivoluzione cubana. Tra i nuovi attori della scena mondiale emergono lo Stato di Israele e la Palestina, intrecciati in un nodo di tensioni e conflitti ancora irrisolti. Sono anche gli anni della guerra fredda, dei conflitti interni al mondo comunista, dell'apertura della Chiesa alla modernità con il...
Come si è evoluto il ruolo di potenza regionale dell’Italia? Come è cambiato dall’Unità ai giorni nostri? L’opera analizza il grado di influenza esercitato dall’Italia nel proprio contesto geopolitico, con particolare attenzione alla Libia e al Corno d’Africa. Con l’ausilio delle metodologie di ricerca più adatte e grazie a due interviste esclusive (Giulio Terzi di Sant'Agata e Vincenzo Ruggero Manca), il libro ripercorre le diverse fasi che hanno caratterizzato la politica estera italiana nella propria sfera d’influenza, i successi e i fallimenti: dalle prime politiche coloniali agli eventi più attuali. Immagini, grafici, mappe e documenti confidenziali arricchiscono il dibattito su una delle più antiche ma controverse potenze regionali.
C'è un ponte ideale che unisce l'Angola e l'Italia. Lo sanno le persone che per interesse, passione personale o per lavoro si sono trovate o si trovano tuttora a percorrerlo. Situazioni casuali, o scelte strategiche lungimiranti, o entrambe le cose, hanno avvicinato nei secoli i due territori ed i due popoli, nonostante la geografia non aiuti. Queste pagine sono un racconto di fatti, personaggi, e accadimenti, ora seri e ora bizzarri, sui quali si è costruito, mattone dopo mattone, il ponte ideale, ma formidabilmente resistente, che unisce Roma e Luanda, ed i popoli dell'Angola e dell'Italia. GIUSEPPE MISTRETTA, nato a Palermo nel 1958, è un funzionario diplomatico, che nel tempo libero scrive libri. Ha già pubblicato nel 2002 un “giallo” etnico-razziale dal titolo “Per conto del nero”, e nel 2010 una raccolta di tre storie dal titolo “Nel Paese chiamato Alberi”. Ha collaborato altresí per le pagine di “Repubblica” , il “Corriere della Sera” e “Capital”. Dal 2009 è Ambasciatore d'Italia a Luanda , in Angola. Sue precedenti sedi di servizio sono state, oltre a Roma, la Repubblica Democratica del Congo, gli Stati Uniti, la Libia e la Gran Bretagna.
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