
Fin dagli albori del cinema, l’antichità greco-romana ha sempre rappresentato una fonte inesauribile di storie e temi a cui attingere, un serbatoio di avventure, personaggi e peripezie che attendevano solo di essere rappresentati sul grande schermo. I primi film di questo genere, chiamato «péplum» dalla critica francese (dal termine che indica la veste femminile in uso presso le donne greche fino al VI secolo a.C.), escono negli anni dieci, ma il periodo di maggiore fioritura inizia nel secondo dopoguerra, per toccare l’apice tra la fine degli anni cinquanta e le ultime fasi del boom economico. Il peplum diventa così uno dei generi quantitativamente più rilevanti della produzione del cinema italiano. Per descrivere la fortuna ondivaga di queste produzioni viene spesso utilizzata la metafora del fiume carsico, ma il peplum si rivela essere un campo di tensioni che attraversano con intensità variabile l’intera storia del cinema, modulandosi in forma diversa a seconda delle epoche e delle necessità. Esso diviene di volta in volta veicolo di promozione culturale del mezzo cinematografico, luogo di mediazione tra le istanze della società dei consumi e le radici della...
Film comico, film a episodi, film opera, film rivista, “western italiano”... Pur essendo tra i periodi meno studiati nella storia del cinema nazionale, i primi anni Cinquanta schiudono una sorprendente varietà di pratiche di genere, talvolta effimere, talvolta destinate a perdurare. Il volume interroga quel cinema attraverso l’indagine dei legami con la tradizione realista, il confronto con i più accreditati modelli di teoria dei generi cinematografici, l’analisi comparata di figure e topoi ricorrenti. L’obiettivo è quello di capire in che modo e attraverso quali procedimenti testuali esso dà vita, se non a generi nel senso solitamente attribuito al termine, sicuramente a film di genere, riconoscibili come tali a partire dalle attrazioni che propongono.
La parola più ricorrente in tutti i tentativi di osservare l'insieme del cinema italiano dalla fine degli anni sessanta a oggi è "crisi". In effetti un grande cinema, che aveva raggiunto una produzione di centinaia di titoli in grado di esercitare una vera concorrenza sul piano internazionale con la produzione americana, dalla metà degli anni settanta subisce una serie di mutamenti strutturali che ne modificano profondamente economia, mercato, modi di produzione, modelli narrativi, tematiche e poetiche autoriali. Lo sguardo sul presente di molti registi italiani si offusca e vengono a mancare le chiavi interpretative e le certezze che avevano sostenuto il percorso comune dal neorealismo al boom economico. Nello stesso tempo, con un movimento irreversibile, la fiorente industria cinematografica viene fagocitata dalle televisioni pubbliche e private. Ne sono le conseguenze più importanti la scomparsa del cinema di genere, la chiusura di migliaia di sale di seconda e terza visione, il passaggio di molti registi alla televisione. Nel pieno della "crisi", tuttavia, alcuni caratteri identitari del nostro cinema sopravvivono e producono svolte positive. Autori come Olmi, Bertolucci,...
v.48: Biondo, Flavio. Scritti inediti e rari di Biondo Flavio... 1927.
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