Quinto Orazio Flacco (65 a.C. – 8 a.C.) è uno dei maggiori poeti della classicità latina. La sua poetica, connotata da un'impeccabile eleganza stilistica unita a una sottile ironia, resero Orazio un maestro per gli uomini di diverse epoche. Il suo lascito letterario è corposo e comprende 17 Epodi, due libri con 18 Saturae o Sermones, come le definisce l'autore, quattro libri di Odi o Carmina, per un totale di 103 componimenti, due libri di Epistole, il Carmen saeculare del 17 a.C., scritto su commissione di Augusto per celebrare la cerimonia conclusiva dei ludi saeculares, e L’arte poetica, nota anche come Epistola ai Pisoni che rappresentò, nei secoli della tradizione classica, il codice delle norme indispensabili per chiunque volesse dedicarsi alla professione delle lettere. Questa copiosa produzione vede oggi la luce, in tutta la sua interezza, in un esclusivo formato digitale, che Utet ha messo a punto dotandolo del necessario apparato critico e di collegamenti ipertestuali tra la traduzione italiana e l'originale latino.
Chi uccise nell'aprile 43 avanti Cristo i due consoli romani Irzio e Pansa, favorendo l'ascesa definitiva di Ottaviano al potere? Lo storico e filologo Luciano Canfora si è messo sulle tracce dell'assassino, oltre che attraverso i suggerimenti presenti in Tacito e Svetonio, studiando un gruppo di lettere di Cicerone che contenevano un indizio principe. Nella Prima marcia su Roma c'è la soluzione al mistero. Dino Messina, "Corriere della Sera" Come definire l'attitudine di un grande storico quale è Luciano Canfora a demistificare sistematicamente gli inganni della storia, individuare e denunciare misfatti impuniti da secoli, fiutare e stanare omertà intellettuali, disonestà e censure con cui il potere culturale, alleandosi con la politica, falsifica la verità? In questo senso, il caso di Ottaviano è forse il più clamoroso della storia. E Canfora non poteva non dedicargli un libro indispensabile e definitivo, che limpidamente svela i delitti del futuro primo imperatore romano e insieme il piedistallo storiografico di falsità costruito per occultarli. Silvia Ronchey, "La Stampa"
Libro ricchissimo, complesso e affascinante. Canfora, capace di un prodigioso – e oggi impensabile quasi per tutti – lavoro di recupero storiografico, fa emergere grazie alle sue smisurate conoscenze un Augusto almeno in parte inedito e, talvolta, quasi inatteso. Giovanni Brizzi, "Corriere della Sera" Augusto salvatore di Roma o Augusto camaleonte? Genio della pace o disprezzabile opportunista? Luciano Canfora traccia un ritratto guizzante e appassionante dell'imperatore romano, facendone simbolo di tutti i poteri che scaturiscono da una rivoluzione e si acquietano nella restaurazione. Andrea Corni, "Tuttolibri" Il capolavoro di Augusto è stato imporre l'immagine di sé come vero e coerente erede e continuatore dell'opera di Cesare, ormai divinizzato, mentre in realtà la trasformava, se non nel suo contrario, certo in altro. Questo libro recupera, attraverso fonti greche solo parzialmente esplorate, pagine cruciali dell'Autobiografia di Augusto, abilmente apologetica, scritta nel 25 a.C., quando egli aveva ormai definitivamente consolidato il suo potere monocratico, pur nella raffinata finzione di aver restaurato la repubblica.
Lucido come una spada, Canfora dimostra come la verità della politica sia sempre complessa, anche se dominata da leggi ferree. "Liberal" Il libro ha il merito di stimolare la ricerca sulle radici profonde di una concezione in definitiva statica della fenomenologia del potere. Ma l'ironia corrosiva delle parole di Canfora presenta un quadro della situazione attuale desolante e senza via di uscita. "Left" In tempi di antipolitica, un antidoto controcorrente è rileggere in chiave realistica i caratteri originali del potere. Tanto meglio se attraverso uno stile ironico e, al tempo stesso, coltissimo come nella migliore tradizione del pensiero classico italiano. "Il Mattino" «Qualcosa non ha funzionato. Il suffragio universale, alla fine conquistato, ha più e più volte deluso chi lo aveva propugnato, ha mancato i previsti effetti. Le urne sono divenute lo strumento di legittimazione di equilibri, di ceti, di personale politico quasi immutabile, non importa quanto diversificato e come diviso al proprio interno. E se il vero potere fosse altrove?» Canfora instilla più di un dubbio sui travestimenti del potere: un dominio di pochi che però non sussiste se non sa creare consenso,...