Storie di Posta n. 11
Autore: UNIFICATO
Numero di pagine: 112Il n. 11 della rivista semestrale da collezione, edita da UNIFICATO con la collaborazione dell'Accademia di Filatelia e Storia Postale.
Il n. 11 della rivista semestrale da collezione, edita da UNIFICATO con la collaborazione dell'Accademia di Filatelia e Storia Postale.
Villa Veneziani è stata uno dei centri pulsanti della vita culturale, economica e sociale di Trieste a cavallo fra ’800 e ’900, simbolo della borghesia cresciuta sotto il dominio austriaco e alimentata dai fermenti artistici mitteleuropei che tanto hanno contribuito a definire l’identità della città. Era frequente incontrare tra le stanze della villa intellettuali come Leo Ferrero, Eugenio Montale, Giacomo Debenedetti, e soprattutto Italo Svevo, marito di Livia Veneziani e dirigente dell’industria di famiglia. Questo libro, a cura di Alessandro Marzo Magno, ricostruisce la storia del grande scrittore e quella dei Veneziani attraverso la lente inusuale e intima del ricettario autografo di Dora Veneziani, cognata di Svevo, riscoperto tra le carte di famiglia. Le golose ricette di Dora qui trascritte diventano il contrappunto di un racconto lieve e generoso dell’atmosfera di Trieste, animata dalle più vivaci correnti europee, e dei suoi maggiori protagonisti, svelandone dettagli curiosi e meno noti, come la passione di Svevo per i dolci, o l’abilità di Gillo Dorfles come ballerino. Dora Veneziani, con la sua cucina, ha messo lo zampino in un altro grande pezzo della...
Un progetto dell’associazione culturale ArteGrandeGuerra. Il rinvenimento, ad opera di Dario Malini, di una rimarchevole fonte letteraria ignota de La coscienza di Zeno, mai dichiarata da Italo Svevo né rilevata da alcuno studioso, innesca un profondo ripensamento sui significati del romanzo, anzitutto in merito ai profondi legami, spesso misconosciuti, che il testo intrattiene con gli eventi della Grande Guerra. Si tratta della commedia Pace in tempo di guerra di Alfredo Testoni, la cui prima si tenne il 26 ottobre 1918, premiata da un discreto successo di pubblico all’uscita per poi essere rapidamente dimenticata. E la circostanza che questa «gaia e lieve commedia [...] condita di lepidezze, ravvivata di macchiette» abbia rappresentato un motivo d’ispirazione significativo all’interno della rivoluzionaria narrazione del terzo romanzo di Svevo (dato stringente e indubitabile, come il lettore avrà modo di appurare), delinea un quesito di notevole pregnanza critica, la cui trattazione permette d’entrare davvero nel laboratorio creativo dello scrittore, d’accostarsi al suo pulto (in dialetto triestino, il tavolo da lavoro), e osservarne quasi in presa diretta il...
Non più dighe, palazzi di banche, castelli di imperatori. Vorrei dirti di osterie, bordelli, vie in cui gli artisti si sono mischiati a gente di popolo, pellegrini, spettri di soldati senza plotone e finalmente uscire dal centro, spalancare i polmoni in Carso e più in là, nella selva. Trieste è la città di Maria Teresa, di Miramare, di Sissi, delle regate, dei caffè. Tutto vero. Ma c'è un'altra città: quella di Joyce e di chi, come lui, trascorreva le notti in locali malfamati, in mezzo alla calca umana giunta per cercare fortuna in una metropoli che fino a poco tempo prima era stata un anonimo villaggio. C'era e c'è ancora una Trieste di vicoli, di personaggi al limite tra genio e follia. C'è il Carso, non corpo separato, ma parte integrante della città: labirinto di sassi, boscaglie, doline, foibe, trincee. Ci sono boschi e foreste sterminate, luoghi in cui si è combattuto, ci si è vendicati spietatamente, si sono nascoste prove di stragi feroci, e allo stesso tempo rifugi per vagabondi pacifici, viandanti senza bandiera che non conoscono l'odio. Il selvatico batte alle porte del centro. È una forza selvaggia e liberatoria. Siamo disposti a conoscerla?