ANNO 2019 L'AMBIENTE
Autore: ANTONIO GIANGRANDE
Noi siamo quello che altri hanno voluto che diventassimo. Facciamo in modo che diventiamo quello che noi avremmo (rafforzativo di saremmo) voluto diventare.
Noi siamo quello che altri hanno voluto che diventassimo. Facciamo in modo che diventiamo quello che noi avremmo (rafforzativo di saremmo) voluto diventare.
L’Opera è aggiornata con: - Il D.L. 5 ottobre 2018, n. 115, recante modifiche al Codice del processo amministrativo; - il D.L. 4 ottobre 2018, n. 113 (Decreto sicurezza) che ha modificato alcune norme relative agli enti locali; - il D.L.vo 10 agosto 2018, n. 101, Disposizioni per l’adeguamento della normativa nazionale sulla privacy alle disposizioni del Reg. UE 2016/679; - la L. 9 agosto 2018, n. 96 (Legge dignità) di conversione, con modificazioni, del D.L. 12 luglio 2018, n. 87.
E’ comodo definirsi scrittori da parte di chi non ha arte né parte. I letterati, che non siano poeti, cioè scrittori stringati, si dividono in narratori e saggisti. E’ facile scrivere “C’era una volta….” e parlare di cazzate con nomi di fantasia. In questo modo il successo è assicurato e non hai rompiballe che si sentono diffamati e che ti querelano e che, spesso, sono gli stessi che ti condannano. Meno facile è essere saggisti e scrivere “C’è adesso….” e parlare di cose reali con nomi e cognomi. Impossibile poi è essere saggisti e scrivere delle malefatte dei magistrati e del Potere in generale, che per logica ti perseguitano per farti cessare di scrivere. Devastante è farlo senza essere di sinistra. Quando si parla di veri scrittori ci si ricordi di Dante Alighieri e della fine che fece il primo saggista mondiale. Le vittime, vere o presunte, di soprusi, parlano solo di loro, inascoltati, pretendendo aiuto. Io da vittima non racconto di me e delle mie traversie. Ascoltato e seguito, parlo degli altri, vittime o carnefici, che l’aiuto cercato non lo concederanno mai. “Chi non conosce la verità è uno sciocco, ma chi, conoscendola, la chiama bugia,...
Un volume che non pone la sua attenzione sulla storia e l'evoluzione dei trasporti in sé, una questione ampiamente affrontata e con maggior dovizia di particolari oltre la quale sarebbe ormai impossibile andare.
Gene Gnocchi (o è proprio il suo personaggio, Camillo Valbusa, cinquantunenne, ambulante con la Seat Toledo fuori di lui e la “semitensione alcolica organizzata” dentro di lui?) parte dal presupposto che il mondo è finito. Finito del tutto. Ciò che resta è un’imitazione, una parodia, un concentrato di amenità, risate tristi, situazioni tragiche: vuoi dare il sangue e non ci riesci, tuo figlio è in crisi perché non riesce ad andare su youtube col cellulare giusto. Cose così, tanto per fare un esempio. E allora si accumulano le parole più inadeguate, tra frammenti di diario, lettere agli editori, interviste postume. Leggende metropolitane riesumate da chissà quale tradizione locale, o inventate di sana pianta, perché il mondo, si diceva, è finito, e non si può stare a guardare tanto per il sottile in questa ultima emergenza. E sopra ogni cosa, i nostri tic mediatici, presi a craniate con lo strumento più contundente: la parola che bluffa, che si rigira su se stessa. Gene Gnocchi lo sa fare, forse è il solo a saperlo fare, e comunque lo fa bene. Poi ci sarebbero anche i contenuti del libro, nello specifico, s’intende. Ma Gene ha fatto sapere che come risvolto...